Moving forward

«Cominciate col fare ciò che é necessario, poi ciò che é possible. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile» San Francesco d’Assisi

L’ultimo decennio è stato senza dubbio contraddistinto da grandi cambiamenti, a volte laceranti, che hanno messo a dura prova gli equilibri geopolitici, sociali ed economici, alcuni dei quali hanno mostrato tutta la loro fragilità.

Invero la transizione verso nuovi equilibri è storicamente legata a cambiamenti epocali la cui dinamica è legata alle molteplici forze che agiscono nei sistemi sociali. La fenomenologia del cambiamento sembra infatti governata da leggi che la scienza antropologica ha ricondotto alla fisica ed alla metafisica, in elaborazione del concetto dell’assenza in natura di veri opposti1,  in cui gli “universali principi della natura (…) rappresentano” essenzialmente “forza”.

Il Fondo Monetario Internazionale ha intitolato il suo rapporto 20192Our Connected World” concentrandosi con enfasi sulla necessità che le politiche siano non soltanto idonee a fornire risposte adeguate ai cambiamenti in corso ma che siano trasversali, globali.

Il messaggio centrale del neo-direttore David Lipton è rivolto alla necessità di affrontare sfide comuni, in particolare quelle concernenti i cambiamenti climatici e tecnologici, avendo come obiettivo possibilmente comune di creare le condizioni perché ciascun individuo possa riuscire ad affermarsi come persona, attraverso la riduzione delle ineguaglianze, attraverso la ricerca di un bilanciamento tra crescita, sostenibilità e protezione sociale.

Si potrebbe pensare che le grandi trasformazioni contemporanee, spesso travolgenti e contraddistinte da fortissime contrapposizioni, possano trovare momenti di sintesi in un pragramtismo etico di spirito kantiano3, presente nella teoria economica fin dalla coscienza di Smith4 o di Stuart Mill5.

Le teorie del cambiamento, più o meno recenti, convergono nella considerazione che il paradigma che traduce il caos e la complessità in trasformazione abbia il proprio fondamento nei processi cognitivi individuali così come in quelli di mobilitazione delle collettività, che avvengono intorno ai grandi temi, dell’ambiente come delle diseguaglianze o delle frontiere della tecnologia, e che portano ad un cambiamento di consapevolezza.

La rilettura degli eventi spesso porta ad un cambiamento dello schema dell’essere, fino a quel momento inimmaginabile6.

Nel quadro congiunturale del momento sono molti i fattori di incertezza e le tensioni politiche che affliggono alcune aree del pianeta. Il commercio mondiale, che ha rappresentato un motore straordinario per la crescita dei sistemi economici, vive ora nuove minacce e distorsioni a causa della guerra dei dazi che ha messo in discussione il processo di integrazione tra i mercati.

Culturalmente si tratta della crisi di un sistema, quello degli scambi internazionali nato nell’immediato dopo guerra con il Gatt7, che era improntato al multilateralismo e che aveva dato origine alla Wto8.

È un processo che si salda e si accompagna con una crisi delle democrazie liberali e dell’ordine liberale, nato in Europa e che aveva trovato nell’Unione Europea un esperimento unico di creazione di “comunità di sicurezza”9 o “amalgamata” nell’accezione di Karl Deutsch, in cui forme di governo comune coesistono con l’indipendenza delle unità.

Un nuovo sistema di equilibri e contrapposizioni si va delineando intorno ad un confronto tra Nord ed Sud del mondo, come nella lucida visione anticipatoria di Willy Brandt10, in una prospettiva che è già definita post-occidentale11.

Sul piano strettamente macroeconomico i timori serpeggianti riguardano un possibile rallentamento della crescita sperimentata negli ultimi anni, accentuato dalla riduzione degli stimoli monetari, senza tuttavia prefigurare scenari di crisi o ritorni all’opacità ed illiquidità che avevano scatenato il corto circuito di un decennio fa. Nondimeno il rapporto tra debiti globali – delle famiglie, delle imprese non finanziarie e delle pubbliche amministrazioni – e PIL è tornato nuovamente a crescere, a testimonianza che nel sistema persiste  una generale condizione di fragilità finanziaria in cui si muovono gruppi sociali, imprese, banche e governi.

Uno dei temi più dibattuti e controversi resta infatti quello del debito, pubblico o privato, dell’approccio delle moderne politiche economiche ad un istituto che ha contraddistinto le società fin dall’antichità. Gli imperatori babilonesi indicevano periodicamente un Giubileo che da evento morale e religioso diveniva anche presupposto di cancellazione dei debiti, quando questi avevano raggiunto un livello tale da generare ineguaglianze e tensioni sociali insostenibili. Oggi il tema della sostenibilità del debito è affrontato sulla base di convinzioni – anche morali – variegate, con tecnicismi non sempre scevri da condizionamenti, nonché con metodi pseudoscientifici.

Il problema dell’economia mondiale sembrerebbe tuttavia non tanto quello del rallentamento della crescita o di un’inversione del ciclo positivo su cui si era fatto affidamento quanto la «fragilità strutturale sopravvissuta alla ripresa dalla grande crisi»12.

In assenza di ricette condivise sembra intuitivo affermare che un clima di maggiore cooperazione globale potrebbe portare ad un miglioramento delle prospettive e che l’Unione Europea dovrebbe tentare di ritrovare quella vocazione delle sue radici storiche, di protagonista e laboratorio del riassetto delle relazioni economico-politiche mondiali.

Le frontiere di questo riassetto comprendono una riforma autentica della finanza pubblica e privata che consenta ai mercati di favorire la riallocazione delle risorse in ottica di stimolo, il ripensamento dei sistemi di welfare che possano riuscire ad affrontare meglio «le inefficienze, le insoddisfazioni, le inadeguatezze, i fallimenti economici e psicologici causati dai grandi cambiamenti degli ultimi decenni»13.

La posta in gioco é la fine di un mondo economico «ricco di opportunità ma che ha a lungo camminato incautamente».

Il G20 del decennale riunitosi a Buenos Aires nel dicembre 2018 ha intitolato la sua dichiarazione conclusiva «Building consensus for fair and sustainable development» richiamando alcuni principi che hanno carettere di universalità ed in particolare soffermandosi sull’obiettivo di riuscire a costruire un futuro del lavoro che sia inclusivo, equo e sostenibile, in cui venga riconosciuta l’importanza del dialogo sociale e vi sia l’impegno di tutti i governi a promuovere sistemi di protezione sociale e di partecipazione adeguati alle sfide tecnologiche ed alle esigenze degli individui, in particolare quelli maggiormente vulnerabili14.


  1. Olinto Grandesso Silvestri, “Antropologia Critica e Teorica delle Scienze Antropologiche”, Tipografia Reale, Gir. Bursio, Vicenza, 1873. 

  2. IMF Annual Report 2019. 

  3. Immanuel Kant, “Critica della Ragion Pura”, 1781. Ref. Abraham Edel “Anthropology and Ethics in Common Focus”, in “The Journal of the Royal Anthropological Institute of Great Britain and Ireland, Vol. 92, No.1 (Jan.-June. 1962) pagg. 55-72. 

  4. Adam Smith, “An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations, generally referred to by its shortened title The Wealth of Nations”, 1776. “The Smithian conscience is perhaps the most attractive, for it consists, as his analysis of duty shows, of a pyramiding of sponteneous sympathetic reactions in a variety of relationships” A.Edel, op.cit, pag. 64. 

  5. John Stuart Mill, “On Liberty”, London, John Parker and son, West strand, 1859, “The Millian conscience is a feeling of overweighing importance, where importance involves a sense of massime instrumentality for general welfare”. A. Edel, op.cit. pag. 64. 

  6. H. G. Wells, “spread out and examine the pattern of events, and you will find yourself face to face with a scheme of being, hiterto unimmaginable by the human mind”. In James N. Rosenau, “Turbulence in World Politics. A Theory of Change and Continuity”, Princeton University, NJ, 1990. 

  7. General Agreement on Tarifs and Trade, 1947. 

  8. World Trade Organization, 1995. 

  9. Karl W. Deutsch (et al.) “Political Community and the North Atlantic Area”, 1957. 

  10. Willy Brandt, “Rapporto Nord Sud” Commissione indipendente sui temi dello sviluppo internazionale” (1980), successivamente (2001) ridenominato “Equazione Brandt” dal direttore James Quilligan. 

  11. Leopoldo Nuti, prof. Ordinario Scienze Politiche per il Governo e l’Amministrazione. Università RomaTre. “Prospettive geopolitiche: è già un mondo post-occidentale”, in ISPI, “Rapporto annuale 2019. La fine di un mondo”. 

  12. Franco Bruni, “La fine di un mondo economico”, 2019 in “Ispi. Rapporto annuale 2019”, pag. 131. 

  13. Franco Bruni, op.cit. pag. 133. 

  14. G20 Leaders Declaration, Buenos Aires, december 2018. “We remain committed to building an inclusive, fair and sustainable Future of Work by promoting decent work, vocational training and skills development, including reskilling workers and improving labour conditions in all forms of employment, recognizing the importance of social dialogue in this area, including work delivered through digital platforms, with a focus on promoting labour formalization and making social protection systems strong and portable, subject to national law and circumstances. We will continue to foster cognitive, digital and entrepreneurship skills, and encourage the collection and exchange of good practices. We will promote increasing labour force participation of underrepresented as well as vulnerable groups, including persons with disabilities.

    We will implement policies to improve the employment situation of young people, consistent with the G20 Antalya Youth Goal. We will take actions to eradicate child labour, forced labour, human trafficking and modern slavery in the world of work, including through fostering sustainable supply chains. We will endeavor to further create enabling conditions for resource mobilization from public, private and multilateral resources, including innovative financial mechanisms and partnerships, such as impact investment for inclusive and sustainable growth, in line with the G20 Call on Financing for Inclusive Business”.